I nostri volti
Ecco chi lavora tutti i giorni dietro questo ambizioso progetto:
Francesca
Francesca si presentò al primo incontro per valutare il suo ingresso al Laboratorio con la sua famiglia. Aveva alle spalle una storia di grave depressione, grazie al Dipartimento di Salute mentale adulti di Borgo San Lorenzo era riuscita a ritrovare un po’ di equilibrio. Aveva vagato molto in cerca di una possibilità che la aiutasse ad uscire di casa, a riacquisire un po’ di fiducia in sé stessa e tentare di tornare ad interagire con il mondo.
Quando bussarono alla nostra porta li accogliemmo con un caffè, scambiammo qualche parola per rompere il ghiaccio e poi invitammo gentilmente i genitori a lasciarci per poter avviare il colloquio di lavoro. Ci guardarono tutti attoniti, i genitori forse per il timore che potessimo non essere adeguati ad affrontare una situazione così delicata, Francesca perché rimase sorpresa che la ritenessimo assolutamente capace di presentarsi e gestire in autonomia una selezione. Spaventata e titubante inizio a raccontare la sua storia. Non sapeva cosa potesse dire e cosa fosse meglio tacere. Doveva essere sincera o fare bella figura? Le facemmo capire che poteva esprimersi come voleva, non saremo stati certo noi a giudicare.
Ci raccontò una storia fatta di fobie, insicurezze, delusioni, fallimenti, solitudine interiore ma piena di germogli di speranza. Una storia in cui ognuno di noi può rispecchiarsi un po’. Dopo una lunga chiacchierata, dove i ruoli di ognuno (Asl e Cooperativa) sono sempre rivestiti dalla massima deontologia professionale, i confini si erano un po’ assottigliati. Ci eravamo incontrati su un terreno comune di umanità e fragilità del nostro essere. Terminato il colloquio ed espletate le formalità per l’inserimento l’accompagnammo all’uscita dove la attendevano con ansia i suoi accompagnatori.
Si congedò dicendo: “da tempo, nessuno mi aveva dato così tanta considerazione e mi aveva fatto sentire autonoma, adulta e compresa”. La gioia che evidentemente emanava aveva rasserenato i genitori che avevano finalmente trovato un luogo di riscatto e dignità per la propria figlia.
Greta
Greta soffre da tempo di dismorfirsmo: la preoccupazione per l'aspetto fisico causa una sofferenza clinicamente significativa e compromissione nell'attività sociale fino a sfociare dei comportamenti del disturbo alimentare. Per i suoi colleghi, più semplicemente, non riesce a vedere quanto è bella! All’inizio si trattava solo di qualche dieta più drastica, qualche digiuno di troppo, ma poi la malattia ha preso il sopravvento e la ha dominata completamente. Ha smesso di uscire, di frequentare gli amici, di guardarsi allo specchio e chiuso ogni relazione che potesse scorgere la sua imperfezione.
È entrata al Laboratorio con la testa bassa, sperando forse di scomparire un po', di non essere vista in quelli che lei si riconosce come difetti. Essendo una persona molto capace si è trovata in brevissimo tempo ad aiutare chiunque le lavorasse accanto ed ogni collega la ricompensa con sguardi di gratitudine.
Queste persone diventavano lo specchio della sua anima: generosa, altruista, intelligente, capace di far stare bene gli altri e supportarli nel bisogno. Ogni giorno il suo volto si alzava di qualche millimetro e dall'abisso sembrava rivolgersi verso un orizzonte più luminoso. Il riconoscimento delle sue capacità interiori cominciava a spostare la sua attenzione sul suo valore invece che sui presunti difetti fino ad esordire una mattina verso di noi e verso sé stessa: Ma quali sarebbero i miei problemi?
Alice
Alice ha 45 anni. Dieci anni fa gli è stata diagnosticata una malattia tremenda, una malattia conosciuta, con la quale nessuno vorrebbe mai avere a che fare: la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Quando i dottori glielo comunicano gli cade tutto il mondo addosso, fa fatica ad immaginarsi come potrà essere il suo futuro, se sarà sempre la colonna portante della sua famiglia o diventerà qualcuno di cui doversi occupare. Il mondo del lavoro comincia a scartarla, a ritenerla una risorsa a rischio, una situazione troppo complicata da gestire.
Alice è una persona coraggiosa, onesta e sincera e non nasconde nei colloqui di lavoro il demone che ha invaso la sua vita, ma la sua trasparenza non viene premiata, la notizia la risposta diventa sempre la stessa: attualmente non abbiamo bisogno, la richiameremo appena si aprirà una posizione adatta a lei. Il Mugello è piccolo e dopo l’ennesima e identica scusa ascoltata per rifiutare la sua candidatura apprende che la sua vicina di casa, con minore esperienza della sua, viene assunta per la stessa posizione. Giunge il Covid e la disperazione prende il sopravvento. Alice non si sente più donna, mamma, moglie. Il niente dilaga intorno alla sua vita, dentro e fuori di lei vede solo il buio fitto...
Quando la sua assistente sociale la presente per il laboratorio a noi sembra perfetta e senza pensarci molto la assumiamo. Era incredula e felice ma comunque ancora schiacciata dalla pesantezza di anni di frustrazione e tristezza. Oggi, ovviamente la malattia non è scomparsa, ma Alice la affronta con una energia nuova lasciando che occupi nella sua vita solo lo spazio di un angolo. Grazie a Mind the pack ha ritrovato la voglia di vivere, si sente realizzata e in questa rinascita la accompagna la sua famiglia ( un marito e due figli) che riprende a sorridere alla vita...
Come dice il marito: “In quel buio ci eravamo persi tutti, grazie a voi ci siamo ritrovati e siamo in grado di vedere un futuro di speranza”.
Pietro
Alcune delle persone che lavorano all'interno del Laboratorio hanno colloqui individuali periodici con il Dipartimento di Salute Mentale di Borgo San Lorenzo. Parte del colloquio si incentra sull'effetto che il percorso lavorativo ha nella vita e nella terapia del paziente. Con Pietro non era facile capire se la scelta era stata giusta e l'attività stava dando i suoi frutti.
Persona ermetica, di poche parole chiarì qualsiasi dubbio quando il suo psichiatra gli chiese: "Ma tu come ti senti da quando lavori? Che effetto ti fa di vedere uscire dei prodotti dalle tue proprie mani, guadagnare di quello che fai, sapere che c'è qualcuno a cui servono le tua capacità?
Seguì un attimo di silenzio che servì a cercare nel suo armadio lessicale la parola che potesse esprimere il suo stato d'animo e ciò che per lui significava quell'esperienza. Dopo qualche secondo, rispose: "Sa che c'è? Io mi sento più DIGNITOSO!"
Perché è proprio questo in fondamento del nostro progetto usare il lavoro come strumento di reintegrazione sociale e restituzione di dignità, a volte rubata dal pregiudizio collettivo sulla malattia mentale.
Dal fare al riconoscersi: la consapevolezza del proprio valore
Da quasi 20 anni al Laboratorio ogni settimana si tiene la riunione settimanale del gruppo di lavoro, i responsabili del Dipartimento di Salute Mentale di Borgo San Lorenzo e i referenti della Cooperativa stimolano le persone inserite a valutare il proprio lavoro: se hanno dato il meglio, se hanno trovato difficoltà delle nostre richieste, evidenziano i risultati raggiunti, gli errori fatti e le strategie di miglioramento.
A Natale del 2019, prima del COVID, avevamo avuto ottimi risultati dopo anni di difficile flessione, entusiasti della ripresa ne parlavamo condividendo lo sviluppo, anche economico, che eravamo riusciti a generare. Tra i ragazzi cominciò un interessante brusio e confronto…su chi aveva permesso questo importante traguardo, la Cooperativa, la casualità degli eventi, la fortuna, il marketing, loro? Cominciarono le battute:" Via! Allora si vuole l'aumento" – Bene! Quest’anno si fa più ferie perché abbiamo già prodotto abbastanza! - Oh Davide tu puoi smettere di venire da Pisa a questo punto si fa da soli….".
Noi non reagimmo, perché nel vortice del fare non dedicammo sufficientemente attenzione a queste esternazioni. I ragazzi si organizzarono, chiesero una riunione e pretesero il premio produzione.
Avevamo vinto! Loro perché avevano ottenuto ciò che desideravano e noi perché di fronte avevamo persone che avevano cominciato a pretendere il giusto posto nel mondo (del lavoro e molto oltre), insieme perché il nostro progetto cresceva.